sabato 9 aprile 2011

Holi, Hare Krsna

      

Una processione di piedi scalzi e scuri si muoveva. Dal santuario illuminato di tramonto, giù per le scale avvinghiate alla parete rocciosa. Un sinuoso serpente arancione. Passi lenti e silenziosi, labbra serrate, occhi bassi. I tramonti indiani sono più lunghi di quelli occidentali. Nessun rumore, nessun tipo di indifferenza. Nessun tubo di scarico a dissolvere l'immagine del sole. Nella parte più bassa della città si raccoglievano gruppi di gente, che dal piazzale del santuario parevano formare macchie di colore intorno al tempio. Vi erano donne e bambini vestiti di bianco col capo coperto, altri vestiti di arancione. Altri erano nudi e parevano macchie marroni, come la terra delle rive del lago Pichola. Holi, la festa del colore. Il tempio accoglieva la statua di Radha. Si innalzava come una fiamma verso il cielo, immagine della Shakti, energia femminile. Alle spalle della dea un'impalcatura permetteva ad alcuni uomini di raggiungere l'altezza della sua testa. In processione silenziosa protavano con sè otri di argilla, contenenti preghiere e liquidi.
La cermonia iniziò e da lì iniziò a scivolar giù il colore bianco, della sua carnagione. Ancora polveri chiare, mentre la gente ai suoi piedi univa le mani e abbassava il capo. Piangeva e pregava. L'arrivo dell'estate. La festa della primavera. Una pioggia di fiori di Ibisco cadeva giù, sulle spalle della dea, fino a toccare le persone inginocchiate ai suoi piedi: fiamme che spalancavano le loro braccia e le protendevano verso lei, come bambini che anelano il collo della madre.
Subito tra le preghiere, sulle labbra dei fedeli schiuse in un sorriso, cadde dell'acqua gialla. Come il sole del tramonto, a ricoprire la Dea. Poi il rosso, a scendere dalla fronte, aderendo alle linee del viso, giù verso gli occhi e poi tra gli zigomi e il naso. Giù verso angoli delle labbra fino a colorare anche gli uomini nudi. Adesso di quelli si vedevano solo i denti bianchissimi dei sorrisi che facevano alla dea. Alzavano la testa e le braccia e il petto verso di lei e ridevano tra le lacrime per l'arrivo di una nuova stagione. Holi, la festa del colore. Il passaggio dalla primavera all'estate. Dalle finestre del tempio il sole scompariva. Sul tetto di una casa le mani di un bambino facevano volare un aquilone nel cielo che sovrastava imponente le barche arenate sulle rive del lago. I fuochi dei pescatori a fine giornata, i vestiti bagnati e aderenti alle membra dei fedeli che ripetevano la stessa litania in segno di devozione. Con le mani unite raccoglievano l'acqua e la buttavano sul petto, raccoglievano l'acqua e la buttavano sul petto. Con le mani in preghiera abbassavano la testa e la portavano all'acqua, abbassavano la testa e la portavano all'acqua. Dai campi di grano alto le donne emergevano. Al tramonto per tornare alle case. Per benedire il raccolto, per pregare la Dea. Con le ceste sul capo, col volto coperto di colori forti e violenti. I ragazzini adunvano le vacche sacre e le riportavano nelle stalle. Per benedire gli animali, per pregare la Dea. Con il passo veloce e agile, i piedi scalzi, con la schiena nuda e sudata. Mentre la campagna riposava, gli altari della città si illuminavano ed accoglievano le ginocchia e il petti dei fedeli in preghiera.

Chiudo gli occhi. Respiro il colore degli Dei.

sabato 2 aprile 2011

Un uomo onesto, un uomo probo (trallalalla tralallallero)



Amore mio, ti scrivo questa lettera prima di compiere l'ultima follia d'amore per te. Lo sai, ti ho amato tanto, ho amato così tanto i tuoi occhi e i tuoi capelli da avere abbastanza amore per tutti e due. Ma tu non mi hai mai creduto, così ho pensato che portarti il cuore di mia madre sarebbe stata la prova più grande del mio cieco amore. A nulla valgono ora quegli sforzi e quel sangue, a nulla valgono le bocche affamate dei tuoi cani che sbranavano l'organo vitale della donna che mi ha messo al mondo. Gli occhi di mia madre mentre la uccidevo, e gli occhi di mia sorella e mio padre mentre costretti su una sedia guardavano quella scena. Ho dovuto uccidere anche loro per non andare in prigione, almeno non prima che tu avessi il cuore che cercavi. Le ho aperto il petto e ho strappato le sue budella, sangue arterioso mi sporcava le mani e il viso; che dolce gesto amore mio, che dolce gesto. A nulla valgono tutte le cose che ho fatto per te, volevi un'altra prova e l'avrai. Non ci sarò a vedere i tuoi occhi lucidi di fronte al mio corpo senz'anima, ma quella l'hai presa già tu molto tempo fa. Farò di tutto, dopo aver esaudito il tuo desiderio, per tornare a te.
Morirò contento, morirò contento e innamorato. A te nulla resterà: non il mio amore, non il mio bene. Ma solo il sangue secco delle mie vene. Sarò come una farfalla che muore nelle tue mani, che in un secondo smette di sbattere le ali e diventa grigia.
E mentre il sangue lento usciva e lui cambiava il suo colore, la vanità fredda gioiva: un uomo s'era ucciso per il suo amore. Fuori soffiava dolce il vento, (trallalalla tralallallero) ma lei fu presa da sgomento quando lo vide morir contento.