sabato 3 settembre 2011

Ma che discorsi


"Se nel mondo non c'è amore faremo un altro mondo e lo circonderemo di mura massicce. E lo arrederemo con interni rossi e soffici. E gli forniremo un battaglio che suoni come il diamante caduto nel feltro di un gioielliere in modo che non lo sentiamo mai."

"Amami. Perché l'amore non esiste, e io ho provato tutto ciò che esiste"

mercoledì 31 agosto 2011

DA DA

. N 
SONO 
MAI 
        


       A
           BA
               STAN
                  ZA
PER
POTER ESSERE


qualcosa.


C'est ne pas DADA.
.

lunedì 22 agosto 2011

Press Play To Enjoy



Quando ti leggo decido di scrivere. Sogno sempre la stessa porta, sogno sempre protezione in luoghi più piccoli di me. Camere sempre più piccole, mura sempre più basse, posti sempre più nascosti. Sogno il desiderio di rimpicciolirmi, sogno l'avverarsi del mio desiderio. Sogno di portare con me poca gente, sogno tutte le paure che nella vita reale non ho mai visto da vicino. Silenzio, voglio riposarmi. Queste voci mi perseguitano. Paranoid Android. 
Signora della terra e delle creature dei laghi, dei fiumi e delle pozzanghere: liberami dai loro castelli di carta, liberami dalle catene che stringo intorno a me stessa senza amore per la mia pelle. Liberami dal tradimento e dalle bugie, liberami dalle parole. 

Ho una coda da pesce e delle branchie, 
respiro nell'abisso delle mie sinapsi. 
E annego. 

Ma non è dolce. Vaffanculo, Leopardi.

mercoledì 20 luglio 2011

Vendo Psiche

Ho venduto i miei pensieri. Li ha acquistati una televisione che trasmette reality 24h al giorno, una multinazionale che produce bibite frizzanti e dolci e qualcuno l'ho svenduto anche all'impresa dell'uomo più potente dello Stato. Adesso mi diranno loro cosa farne, tanto non ho mai saputo usarli. Leggevo una breve guida al suicidio proprio ieri, la cosa più semplice sembra proprio morire per avvelenamento, però non mi va proprio di ingozzarmi da Mc Donald's. Immagino la mia bara pesante per la troppa ciccia.

Sei impeccabile, figlia mia. La più bella e brava ragazza che abbia mai conosciuto, ti ho educata alla perfezione, sono fiera di te. Anzi, sono fiera di me. Ho fatto proprio un bel lavoro.
Pensa agli altri, pensa sempre agli altri. Pensa al loro giudizio, pensa di avere sempre gli occhi puntati addosso. Desidera l'invisibilità, desidera scomparire in ogni momento della giornata.

Il sesso è sempre stata la mia attività preferita anche se è difficile trovare qualcuno che duri più di mezz'ora, ci sono delle posizioni che proprio mandano il sangue al cervello agli uomini, basta così poco per farvi godere?

Stamattina ho fatto colazione col prozac. 
Cazzo, ma non era prozac.

lunedì 6 giugno 2011

Nessuno legge, perchè io non scrivo. Io non scrivo, perchè nessuno legge. Evidentemente interesso poco. Persino a me stessa.

sabato 7 maggio 2011

Quel tale dalla tela bianca

Mi raccontava storie di marinai:
"Ciurma! Siamo pronti a partire! L'esercito era composto da tre persone: timoniere, armatore, vedetta. Un uomo senza braccia, uno con la fobia dei colpi e uno miope. Raccontavano storie di tesori nascosti ed isole misteriose ma nessuno gli aveva mai creduto. Dicevano di essere sulla terra ferma da anni ormai, tutti e tre soffrivano di mal di mare così avevano deciso di bere thé in un bar inglese sul porto. Dalle vetrate del bar guardavano la loro nave ricoprirsi di muschio e vegetazione. Con gli anni la nave era diventata un albero di Baobab e offriva loro ombra nelle giornate estive di sole. I turisti erano attratti dall'albero galleggiante così pagavano a peso d'oro le visite in quella nave. Ogni volta i tre marinai inventavano una storia diversa per carpire la loro attenzione e le loro storie fecero il giro del mondo. Nell'arco di qualche anno gli imprenditori di tutto il mondo chiesero ai tre marinai di comprare i loro averi; li avrebbero pagati in contanti..."

"Ma un albero di Baobab" -io pensai- "non cresce sul mare! 
non è una storia vera quella che l'uomo dalla tela bianca mi voleva raccontare.
Inoltre un timoniere non può avere le braccia, 
di certo a quell'uomo gli si leggeva in faccia
che a cercare tesori nascosti non c'era mai stato
magari solo una volta
su un pedalò era andato.
E cosa vorrai dirmi sull'uomo che aveva paura di sparare?
Di certo quello non era un uomo di mare!
E la povera vedetta miope
era un uomo di stirpe etiope
troppo lontano non riusciva a guardare
così, i tesori dentro sé iniziò a cercare.
Le isole che tu dipingi
sono paesaggi che fingi."


Ma il tale dalla tela bianca continuava a disegnare
e di colpo, un Baobab galleggiò sul mare.

domenica 1 maggio 2011

Aurore poco auree

Disegni di pensieri si sfocano nella mia testa. Poche ore prima del sonno profondo, poche ore prima dell'alba, poche ore dopo un film che profumava di tabacco. Depongo le armi che non ho mai avuto e scrivo dalla cucina di un appartamento al secondo piano, sotto il ticchettio di un orologio che si sente più forte di quello della tastiera del mio computer. Immagini del passato tornano sulla punta della lingua, pronunciate di nascosto sotto forma di sorriso, sperando che lei non sappia niente, sperando che lei non le capisca. I sogni, quelli ti uccidono. L'innocenza dei tuoi movimenti nasconde il veleno della serpe più rara del mondo ma lui l'ha capito. Ti desidero, questo mi uccide. Osservo le tue labbra muoversi come quelle di un bambino e mi sento pervertita a pensarti mentre le porgi a me. Eppure lo faccio. La libertà ti fa paura, preferisci le strade a senso unico, tu risparmi energia. Come me del resto...è per questo che non ci incontreremo mai.
Vendono amor proprio in scatola? Non ne ho mai assaggiata di quella roba, mia madre da piccola mi propinava umilianti liofilizzati di umiltà così sono cresciuta senza altre vitamine. Assumerle tutte d'un tratto mi farà male?

Continuerai a farti scegliere?

sabato 9 aprile 2011

Holi, Hare Krsna

      

Una processione di piedi scalzi e scuri si muoveva. Dal santuario illuminato di tramonto, giù per le scale avvinghiate alla parete rocciosa. Un sinuoso serpente arancione. Passi lenti e silenziosi, labbra serrate, occhi bassi. I tramonti indiani sono più lunghi di quelli occidentali. Nessun rumore, nessun tipo di indifferenza. Nessun tubo di scarico a dissolvere l'immagine del sole. Nella parte più bassa della città si raccoglievano gruppi di gente, che dal piazzale del santuario parevano formare macchie di colore intorno al tempio. Vi erano donne e bambini vestiti di bianco col capo coperto, altri vestiti di arancione. Altri erano nudi e parevano macchie marroni, come la terra delle rive del lago Pichola. Holi, la festa del colore. Il tempio accoglieva la statua di Radha. Si innalzava come una fiamma verso il cielo, immagine della Shakti, energia femminile. Alle spalle della dea un'impalcatura permetteva ad alcuni uomini di raggiungere l'altezza della sua testa. In processione silenziosa protavano con sè otri di argilla, contenenti preghiere e liquidi.
La cermonia iniziò e da lì iniziò a scivolar giù il colore bianco, della sua carnagione. Ancora polveri chiare, mentre la gente ai suoi piedi univa le mani e abbassava il capo. Piangeva e pregava. L'arrivo dell'estate. La festa della primavera. Una pioggia di fiori di Ibisco cadeva giù, sulle spalle della dea, fino a toccare le persone inginocchiate ai suoi piedi: fiamme che spalancavano le loro braccia e le protendevano verso lei, come bambini che anelano il collo della madre.
Subito tra le preghiere, sulle labbra dei fedeli schiuse in un sorriso, cadde dell'acqua gialla. Come il sole del tramonto, a ricoprire la Dea. Poi il rosso, a scendere dalla fronte, aderendo alle linee del viso, giù verso gli occhi e poi tra gli zigomi e il naso. Giù verso angoli delle labbra fino a colorare anche gli uomini nudi. Adesso di quelli si vedevano solo i denti bianchissimi dei sorrisi che facevano alla dea. Alzavano la testa e le braccia e il petto verso di lei e ridevano tra le lacrime per l'arrivo di una nuova stagione. Holi, la festa del colore. Il passaggio dalla primavera all'estate. Dalle finestre del tempio il sole scompariva. Sul tetto di una casa le mani di un bambino facevano volare un aquilone nel cielo che sovrastava imponente le barche arenate sulle rive del lago. I fuochi dei pescatori a fine giornata, i vestiti bagnati e aderenti alle membra dei fedeli che ripetevano la stessa litania in segno di devozione. Con le mani unite raccoglievano l'acqua e la buttavano sul petto, raccoglievano l'acqua e la buttavano sul petto. Con le mani in preghiera abbassavano la testa e la portavano all'acqua, abbassavano la testa e la portavano all'acqua. Dai campi di grano alto le donne emergevano. Al tramonto per tornare alle case. Per benedire il raccolto, per pregare la Dea. Con le ceste sul capo, col volto coperto di colori forti e violenti. I ragazzini adunvano le vacche sacre e le riportavano nelle stalle. Per benedire gli animali, per pregare la Dea. Con il passo veloce e agile, i piedi scalzi, con la schiena nuda e sudata. Mentre la campagna riposava, gli altari della città si illuminavano ed accoglievano le ginocchia e il petti dei fedeli in preghiera.

Chiudo gli occhi. Respiro il colore degli Dei.

sabato 2 aprile 2011

Un uomo onesto, un uomo probo (trallalalla tralallallero)



Amore mio, ti scrivo questa lettera prima di compiere l'ultima follia d'amore per te. Lo sai, ti ho amato tanto, ho amato così tanto i tuoi occhi e i tuoi capelli da avere abbastanza amore per tutti e due. Ma tu non mi hai mai creduto, così ho pensato che portarti il cuore di mia madre sarebbe stata la prova più grande del mio cieco amore. A nulla valgono ora quegli sforzi e quel sangue, a nulla valgono le bocche affamate dei tuoi cani che sbranavano l'organo vitale della donna che mi ha messo al mondo. Gli occhi di mia madre mentre la uccidevo, e gli occhi di mia sorella e mio padre mentre costretti su una sedia guardavano quella scena. Ho dovuto uccidere anche loro per non andare in prigione, almeno non prima che tu avessi il cuore che cercavi. Le ho aperto il petto e ho strappato le sue budella, sangue arterioso mi sporcava le mani e il viso; che dolce gesto amore mio, che dolce gesto. A nulla valgono tutte le cose che ho fatto per te, volevi un'altra prova e l'avrai. Non ci sarò a vedere i tuoi occhi lucidi di fronte al mio corpo senz'anima, ma quella l'hai presa già tu molto tempo fa. Farò di tutto, dopo aver esaudito il tuo desiderio, per tornare a te.
Morirò contento, morirò contento e innamorato. A te nulla resterà: non il mio amore, non il mio bene. Ma solo il sangue secco delle mie vene. Sarò come una farfalla che muore nelle tue mani, che in un secondo smette di sbattere le ali e diventa grigia.
E mentre il sangue lento usciva e lui cambiava il suo colore, la vanità fredda gioiva: un uomo s'era ucciso per il suo amore. Fuori soffiava dolce il vento, (trallalalla tralallallero) ma lei fu presa da sgomento quando lo vide morir contento.

giovedì 10 marzo 2011

A - MAR - E

"Vieni qui, amore
ti insegno ad amare il mare."
"Ma il Re non vuole!"
"Rema fino all'orizzonte, fino a che
il cielo camaleonte diventerà mare.
Il Re non sa amare
perchè l'unica volta che ha visto il mare
non sapeva cosa significasse l'amore.
Se vedesse i tuoi occhi, amore
imparerebbe ad amare il mare."

martedì 8 marzo 2011

Cinismi mattutini

"Comunque l'amore passa
i sacchetti di plastica durano tipo per sempre.
Credo che la chimica stia cercando di dirci qualcosa ringuardo le nostre priorità."

To do list:
- Sotterrare il cadavere che ho nascosto in garage; prima o poi puzzerà e i vicini si insospettiranno.
-  Assumere nuovi nani da giardino: i miei erano stufi di starsene lì, se ne sono andati lasciando biancaneve da sola e da allora lei se la spassa, era stufa di preparare torte di mele.
- Raffinare tecniche e tentativi di volo.
- Raffinare i sentimenti.
- Pregare nostra signora del caos e della terra.
- Spararmi un colpo.
- Andare il mio funerale.


Amen

domenica 6 marzo 2011

La convalescenza

Strade punteggiate di arancione fanno da sfondo ai pensieri umidi della notte. Pressione bassa ma il cuore batte forte. Via da voi, che sapete dare giudizi come spilli nella pelle e sistemarli per bene in modo che ad ogni movimento possa sentirli. Cammino in attesa dell'alba. L'acqua delle fontane continua a scorrere e riesce a farmi scivolare addosso le vostre parole. Lei mi guarda, occhi freddi, contornati di pelle grigiastra. Sorriso di ghiaccio, lineamenti maschili. Mani sottili, gambe bellissime, fianchi dolcemente larghi, schiena bianca, collo delicato.  Capelli neri rasati sulle orecchie e  dreadlocks che  cadono sulla spalla appoggiandosi sul seno poco visibile a causa della felpa troppo larga. Il cappuccio inumidito dalla pioggia le fa ombra sulla parte superiore del viso. Le sue labbra non sono capaci di movimenti azzardati. Quando sorride sembra appoggiarti una lama fredda e lucente sul collo. Le sue mani non ti stringono ma ti bloccano. Non lasciano lividi.
Strano come ogni uomo voglia impartire lezioni agli altri. Tutto questo non mi appartiene. Siete solo schiavi di qualcosa di diverso, ma non siete liberi. Siete solo schiavi delle vostre congetture, ma non siete liberi.
Ieri bevevo dalle sue labbra. Domattina tornerò al cimitero, vi porterò dei fiori. Da quando ho smesso di dormire, sogno meglio.

domenica 27 febbraio 2011

La metamorfosi

Hyaenidae: comunemente chiamata iena. Mammifero dell'ordine dei carinvori di media grandezza. Le iene sono le principali divoratrici, insieme agli sciacalli e gli avvoltoi, dei cadaveri dei grandi animali abbattuti dai predatori.


L'aria densa puzzava dei vostri cadaveri. Camminavo come si cammina quando si attraversa un fiume, in cerca di spazi vuoti tra le vostre membra senza sangue, colorate di grigio. Ero agile e quattro zampe mi davano più stabilità. Il mio corpo esile si intrufolava ovunque. Riconoscevo tutti visi. La putrefazione non li aveva cambiati molto.
A giudicare dai vostri corpi alcuni di voi erano morti prima, quelli che erano rimasti vivi avevano mangiato i cadaveri. Crudi. Immaginavo la scena: padri che mangiavano i corpi dei figli. Piangendo la loro morte. Giustificando il loro atto. Guardavo quella distesa di persone senza vita e il cielo stava diventando dello stesso colore della terra scura. Scorsi la schiena nuda di uno di loro. La riconobbi. Era l'unico corpo nudo e quella pelle bianca mi sembrava di conoscerla da sempre. Mi avvicinai, i capelli gli cadevano sulla nuca morta. 
Era lui. Con il muso cercai di girarlo e quando vidi il suo viso iniziai a graffiarlo con tutta la forza che avevo, usando tutte e due le zampe e ringhiando ferocemente. Cercavo di togliergli quel ghigno dalla faccia. Forse era stata l'ultima smorfia prima di morire, perchè gli era rimasta così nonostante fosse stato a lungo con il viso sulla terra ruvida. Gli tolsi quell'epressione dalla faccia. A morsi. Ma non mangiavo la sua carne.
Poco tempo prima quello che vedevo era completamente diverso. Tutto scorreva più lentamente e voi ridevate, ridevate fino a vomitare. Vi abbracciavate fino a scoppiare l'uno nelle braccia dell'altra, fino a farvi uscire le budella dal naso e dalle orecchie. Fin quando gli occhi non schizzavano via dalle orbite. Prima voi non eravate inermi sulla terra gelida; mi ricordo gli uomini che ansimavano in cerca di orgasmi, che guardavano i corpi femminili accompagnando il desiderio alle loro fantasie. Le donne che da giovani porgevano i loro bacini e le loro cosce bagnate e desiderose. Crescendo poi si sforzavano di recuperare il pudore che non avevano mai avuto e si vestivano con gonne di cotone a fiori rosa che non lasciavano vedere nemmeno le ginocchia.
Vi guardavo tutti morti e vi immaginavo nel pieno della vostra vita. Vi guardavo tutti morti, sghignazzavo perchè avevo annusato la putrefazione dei cadaveri. Facevano schifo persino a me. Iniziavo a sentire il vento sulle orecchie, correvo. 
Un altro ghigno. Ritornavo al branco. Ero lontana.
Ero viva.

sabato 5 febbraio 2011

"Le parole non colgono il significato segreto delle cose"

D'un tratto il mio viso si distende, lasciando cadere una lacrima. Gli occhi ne erano gonfi ma la mia bravura nel mentire a me stessa superava ogni emotività. Anche le parole non sono più aghi, nè pezzi di legno che cadono al suolo lasciando un tonfo sordo nell'aria. Sembrano quasi un fiume, sembra che il tempo si sia fermato facendo spazio e silenzio intorno ai pensieri e illuminando quello che rimane sul fondo della rete dopo che ogni granello superfluo sia passato attraverso le sue maglie. Eccoti, mio adorato, eri lì e non ti avevo visto.
Eri lì, sotto la polvere di quello che rimane dopo un lungo cammino. Con le tua mani delicate e gli occhi piccoli e verdi, seduto con la testa tra le mani ad aspettare solo che mi girassi a guardarti. Osservavi la mia stanchezza, l'avevi già vista, conoscevi ogni espressione, ogni capello fuori posto, ogni parola o punteggiatura. Nulla per te è nuovo. Nulla insano. In questo pomeriggio invernale ogni pensiero si ferma stanco di tirare la corda che gli sega il collo -come un lupo rabbioso che brama la carne-. Cambia espressione, non mostra i canini e abbassa le orecchie, si stende sulle foglie nere del bosco notturno e dorme con la luna. Le mie labbra si distendono e i muscoli del viso si contraggono, gli zigomi si alzano chiudendo gli occhi. Alzo lo sguardo, intorno a me solo tracce del tuo passaggio. I plettri consumati e i fogli ingialliti dalla stanchezza e dal tabacco. Pacchi di sigarette Praghesi che mai avremo il coraggio di buttar via e poi una foto in bianco e nero. Niente è cambiato, guardaci. Siamo nella nostra città, te la ricordi? Non dirmi che l'hai dimenticata perchè non ti credo.
Sento l'odore addosso.Odore di quelle notti insonni a far consumare sigarette tra le dita, a guardare l'orologio dell'albergo che scandiva un ritmo più lento di quello a cui siamo abituati. La vodka caduta sulla moquette, il mio avvicinare l'orecchio alle tue labbra per sentire se respiravi. E adesso anche i miei ritmi cambiano, il battito si sincornizza con l'orologio dell'albergo, i miei pensieri somigliano al vento dell'Est, negli occhi i colori dei tulipani.
Le parole non colgono il significato segreto delle cose, mio dolce compagno. 
Teniamo per noi ciò che nulla potrebbe cogliere.

Tua, per sempre. rò.

Dove sei?

Apro gli occhi ma non ci sento bene. 
Un suono mi trapana la testa, sottile come un ago. Porto la mano sul viso che sento dolorante. Deglutisco. Sento il sapore del sangue. Ma che cazzo mi è successo, non ricordo niente. Sono stesa a terra e il mio viso tocca il pavimento freddo. Dove sono? Aiutatemi.
Cerco di parlare ma non riesco a muovere la lingua, non ci vedo bene. Chiudo gli occhi. Il cuore batte lento, non riesco a muovermi e inizio a sentire freddo davvero, intorno a me non c'è nulla. Dove sono? Aiutatemi.
 
Apro gli occhi, ma non ci vedo bene. Un suono mi avvolge la testa, come qualcosa che preme sulle orecchie e sui timpani. Porto la mano davanti agli occhi per capire se riesco a vederla. Deglutisco. Sento il sapore dell'acqua. Come ci sono arrivata qui? Aiutatemi. Non respiro più. Alzo lo sguardo verso la superficie inizio a muovermi per risalire. Mi agito, spalanco gli occhi, inizio a muovere le braccia come se volessi arrampicarmi al liquido. Non ci riesco. Vedo la superficie ferma. Inizio a muovermi più velocemente, inizio ad avere paura.
Adesso urlo. Che cazzo urlo. Ma ci provo. Non mi sento. Non mi sentono. Il cuore batte forte, sempre più forte. Il ritmo diventa accelerato, sento la testa scoppiare.
Non respiro ancora, si ferma tutto in gola, vorrei respirare. Non ce la faccio. Ci vedo sempre meno, mi muovo sempre meno. Il corpo si indebolisce.
Inizia il mio viaggio verso il fondo.
 
Sempre più scura diventa l'acqua intorno a me, sempre più fredda. Sento il corpo debole.
 
Tum. 

Tocco il fondo.
 
Sono stesa a terra e il mio viso tocca il pavimento freddo. 
Dove sono? Aiutatemi.

martedì 1 febbraio 2011

Chi sei tu?

Non si è mai ciò che si dice di essere. Qualcuno parlava di maschere, io penso che il problema sia di natura comunicativa. Non si può spiegare il concetto perchè già esprimerlo signfica svuotarlo di significato. Immagino poi cosa succederebbe se sprecassi  parole. Non si è mai ciò che si dice di essere. Giustamente. E' un problema di natura linguistica, prima che ontologico-esistenziale. Godere dell'ineffabile e semplice,  vuotare di congetture ciò che non originato permane nel mutamento, per non dare conto a Kronos che divora i figli di Rea. Per non dare conto alla sua linearità che dovrebbe essere di nuovo curvata. 
La Moira ci tiene costretti così, quanto siamo miseri.